Anna Maria Ortese

"Si scrive perché si cerca compagnia"
"Sono sempre stata sola, come un gatto"
Una vita di dolore e di povertà

Nasce a Roma nel 1914. Ma non per questo è romana, e nemmeno meridionale. Sentirà sempre la mancanza di radici. e le troverà, nel sogno anziché in veri ricordi, a Barcellona e Carrara, le città dei nonni paterni e materni. Il padre porta la famiglia ad errare per vari luoghi, fino a Tripoli, dove i ragazzi trascorreranno la maggior parte dell’infanzia. Lei abbandona la scuola a quattordici anni, ma studia solitaria sui libri del fratelli, imparando da sola il francese e lo spagnolo. Tornati in Italia, i giovani maschi Ortese fuggono lontano, chi in America, chi in Australia.

Vorrebbe diventare maestra di pianoforte, ma un fratello muore in mare in America, e lei sceglie di sostituire al pianoforte la macchina da scrivere. Non si sposerà mai – “sono sempre stata sola, come un gatto”. Scrive per sé, giorno dopo giorno, per tenere a bada l’angoscia. “Si scrive perché si cerca compagnia, poi si pubblica perché gli editori danno un po’ di denaro”.
La sua è una vita di dolore e di povertà, quando non di vera indigenza, riscattata dal sogno e dall’immaginazione. Figura appartata, aliena dalle frequentazioni che favoriscono la notorietà e le buone recensioni, ottiene anche riconoscimenti (il Premio Strega nel 1967), ma raggiunge il successo solo quando negli anni ottanta un editore alla moda, Adelphi, porta al successo alcune opere tardive, che nulla aggiungono a quanto Ortese aveva già scritto.
L’opera chiave resta il romanzo breve L’Iguana (del 1965): tenera e misteriosa favola, e allo stesso tempo smascheramento del romanzo esotico-ispanoamericano che viveva in quegli anni il suo boom.
Adelphi meritoriamente ripubblica le vecchie opere. Tra queste L’Iguana, che 1988 appare anche in francese, presso Gallimard. In quella occasione, eccezionalmente, Ortese accetta di farsi intervistare da Le Monde. Quando l’intervistatrice arriva nella modesta casa di Rapallo, dove da dieci anni vive in compagnia della sorella più anziana, la scrittrice si è già pentita, ed esordisce dicendo: “Non ho più niente da dire”. Morirà nel 1998.

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