Romanzi per i manager

Siamo un po’ come i neuroni che, più connessioni hanno con le altre cellule nervose, meglio è, meglio funzionano e l’efficienza è dunque maggiore. Supponiamo di stare in poltrona a guardarci il film di Paul Verhoven Starship Troopers (Fanteria dello spazio) del 1997. La cosa può anche finire lì: due ore di fantascienza, a chi piace, fanno gran bene. Ma la cosa può anche non finire e continuare con la lettura del libro omonimo di Robert A. Heinlein del 1959 da cui il film è tratto: il nostro neurone avrà così sviluppato una connessione. La metafora non è poi tanto metafora: a compensare la morte continua di neuroni ci pensano le interconnessioni che si sviluppano quando facciamo lavorare il cervello: così, quello che inizialmente riescono a fare cento neuroni ognuno con tre interconnessioni, possono poi farlo tre neuroni ciascuno con cento interconnessioni. Nell’ultimo libro di Francesco Varanini, Romanzi per i manager (Marsilio, pagg. 320, lire 32.000) il romanzo di Heinlein crea a sua volta un’altra connessione: quella col management visto che la formazione, davvero estrema, del protagonista rimanda a un’analisi dei modelli organizzativi delle imprese. Analisi che include anche il cottimo attraverso Figli e amanti di Lawrence, il Taylorismo attraverso Martin Eden di London e l’”organizzazione sotterranea” (quella che sta dietro il “front-office”, quella che il cliente di un’azienda non vedrà mai) attraverso Maigret e il sergente maggiore di George Simenon. Dunque quattro romanzi, di cui vengono riportati dei brani, per analizzare i modelli organizzativi. Altri quattro romanzi (I fratelli Tanner di Walser, L’insostenibile leggerezza dell’essere di Kundera, Bartley, lo scrivano di Melville e Morte sul fiume di P.D. James) permettono invece a Varanini di analizzare il lavoro come competenza e come mercato. È poi la volta delle nuove frontiere del marketing analizzate attraverso Il Paradiso delle signore di Zola, A Kasrilevke è arrivato il progresso di Aleichem, Ho servito il re d’Inghilterra di Hrabal e il racconto Un’impresa colossale di Campanile incentrato sulla maldestra ipotesi (altro che invenzione del cavallo!) di commercializzare l’acqua benedetta dal Papa. Ma non è finita. Ci sono gli stili di direzione aziendale analizzati attraverso Thomas Mann (I Buddenbrook), Italo Svevo (La coscienza di Zeno), Guy de Maupassant (Bel-Ami), Tolstoj (Guerra e pace) e Busi, ovviamente col suo secondo romanzo Vita standard di un venditore provvisorio di collant. E, per finire, il tema che forse sta maggiormente a cuore a tutti noi (non soltanto ai manager), quello della crisi e del cambiamento. Ecco allora Blaise Cendrars (L’oro), Antoine de Saint-Exupéry (Volo di notte), Julio Cortázar (Autostrada del Sud), William Gibson (La notte che bruciammo Chrome) e soprattutto Joseph Conrad con Il tifone dove il capitano MacWhirr è il simbolo di chi sa gestire la crisi, il cambiamento. «Nell’affrontare il tifone col piroscafo a vapore Nan Shan per il quale – spiega Varanini – non valgono più le regole della vela, MacWhirr usa una soluzione creativa, l’unica possibile». Sono puntuali, sintetiche, chiare, le annotazioni di Varanini a commento dei brani scelti. E sono discrete, in punta di piedi, in corsivo rispetto al tondo del testo letterario, per favorire il lettore nei passaggi da un brano all’altro. Lo schema del libro potrebbe richiamare quello con cui Alfredo Giuliani e Italo Calvino “raccontarono”, trent’anni fa, uno la Gerusalemme liberata, l’altro l’Orlando furioso. In realtà, la similarità sta soltanto nell’eleganza della costruzione, nell’uso “antologico” degli originali. Nel caso di Varanini (che per vivere fa il formatore-consulente e per diletto scrive saggi e romanzi), lui prende ventidue opere, le tira letteralmente fuori dal “museo” della letteratura e “scaraventandole” in una realtà che in questo momento fa fatica a individuare i giusti strumenti per autogovernarsi, restituisce loro, paradossalmente, quella vitalità, quelle scintille che le avevano generate. La nostra società, suggerisce Varanini in sintonia con la metafora del neurone, è vecchia, ha esaurito molti dei suoi strumenti di analisi. Molte barriere che dividevano le discipline non ci sono più. E la letteratura (in una collettiva e doverosa ricerca di connessioni tra tutte le arti e le discipline) può veramente dare delle risposte. Se persino la biochimica ha stupefacenti anticipazioni nella narrativa (la specularità di certe molecole presenti in natura fu anticipata da Lewis Carroll in Attraverso lo specchio nel 1871!), nella letteratura vi sono sicuramente mille altri suggerimenti e verità. Già è previsto, ci anticipa Varanini, un Romanzi per i manager 2 con opere di Dostoeskij, Canetti, Musil, Perec, Pynchon, Serao, Ortese, Hernández, Vargas Llosa, Garcìa Márquez, Primo Levi e altri. Quarant’anni fa su Il Menabò la richiesta di Vittorini alla letteratura di farsi forma delle novità, metteva inevitabilmente al centro di tutto l’intellettuale e la letteratura. Qui, con l’operazione di Varanini, non ci sono progetti e al centro non c’è nessuno e ci sono tutti. Non a caso il suo è un libro proteiforme, adatto al manager che vuole accostarsi alla letteratura, quanto all’amante dei romanzi che, a digiuno di management, sente l’esigenza di conoscerne i segreti che stanno dietro le quinte. Decenni fa in tanti avrebbero riso sentendo che in questo libro ci sarebbe stato Simenon e non gli scrittori della narrativa di fabbrica. Ma la letteratura, per essere “risorsa strategica” come suggerisce il sottotitolo, non può essere né predica né ideologia, bensì autentica e libera elaborazione del vissuto o del pensiero. A Varanini il merito dunque di avere messo assieme Lawrence e Campanile, Walser e Simenon, e soprattutto di averci aggiunto un Heinlein, scrittore scioccamente considerato di serie “c” e per di più bollato come reazionario. Nella letteratura, come nella vita, nessuno ha la verità in tasca e tutti gli scrittori, purché veri, hanno delle cose da dire.

per gentile concessione del quotidiano L’Arena che ha pubblicato questa recensione sulle pagine culturali del 5 gennaio 2001

di EnricoPieruccini

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